Cosa preferite: dirsi addio subito da vincitori, oppure farsi un altro anno ancora e poi stop? Perché la scelta su Antonio Conte è questa, non esiste un orizzonte temporale che possa andare al di là del 2026. Lo dice la sua storia. Solo alla Juventus (guarda un po') ha resistito fino al terzo anno, ma poi l'ha mollata bruscamente durante il ritiro estivo.
Conte è - potremmo dire - portatore della sindrome del Supereroe. Va in posti dove ci sono macerie e li porta al trionfo, del quale deve essere l'artefice assoluto (e in larga parte è così, va detto).
L'ha fatto alla Juve, l'ha rifatto all'Inter, al Chelsea e al Napoli. Soltanto al Tottenham ha fallito il prodigio, ma li riportò comunque in Champions dopo 2 anni di flop.
In questo è il numero uno dei numeri uno, e senza dubbio Napoli è l'impresa più grande.
Il problema è che, una volta che ha completato la trasformazione da brutto anatroccolo a cigno, il ruolo di Supereroe comincia a diventare più sfumato e lui non la vive bene. Lui deve vincere dove inizialmente non ci sono le condizioni per vincere, perché così si potrà dire che è lui l'artefice. Essere il condottiero di una squadra già vincente invece lo vive come una trappola: se rivince non sarà più solo per merito suo, se invece non rivince allora avrà fallito.
A onor del vero, va detto che molti avevano già parlato di fallimento se non avesse vinto lo scudetto a Napoli, visto che non aveva le Coppe. Roba da folli.
Non sappiamo cosa succederà nei prossimi giorni. Lo immaginiamo ed è anche abbastanza semplice farlo, ma comunque non possiamo saperlo con certezza. Ma una cosa possiamo dirla con una certa sicurezza, perché lo insegna la storia: assieme si può andare avanti solo se si è convinti di farlo, altrimenti è meglio dirsi arrivederci e grazie.