Ha del clamoroso l'esito del rapporto tra Spalletti e la Nazionale. Non tanto perché si è giunti alla separazione, perché era praticamente inevitabile che fosse, ma per il modo in cui si è sviluppata la cosa.
Alle ore 12 Gravina dice: "Gli attacchi che sta subendo Spalletti sono immeritati. L’ho trovato molto combattivo. Da subito dopo la partita ha indossato l’elmetto e l’armatura. Stiamo parlando in queste ore e dobbiamo trovare la soluzione per un rilancio immediato in vista di domani sera. Dopo ci sarà tempo per fare le valutazioni. Il rilancio sarà con Spalletti? No questo non posso dirlo, stiamo parlando e ragionando".
Insomma, per Gravina non c'era nessuna decisione presa, o comunque niente ancora da comunicare. Magari si poteva pensare che Spalletti potesse anche dimettersi, e che avrebbe potuto annunciarlo dopo la partita con la Moldavia.
E invece quando Spalletti va in conferenza, appena poche ore dopo, va dritto al sodo e spiazza tutti: "Io avrei voluto continuare, ma sono stato esonerato. Gravina mi ha comunicato che sono stato sollevato dall'incarico".
Come aggiungere caos al caos, alla vigilia di un'altra partita delicatissima.
La sensazione è che, al di là dei messaggi di affetto che si sono mandati Gravina e Spalletti nelle rispettive conferenze, l'ex tecnico del Napoli (come se non sapessero quant'è vendicativo, Totti docet) appreso di essere il capro espiatorio avesse tutta l'intenzione di far fare una figuraccia al capo della Federazione, sgretolando le sue dichiarazioni di poche ore prima.
Una specie di "Se mi butti giù dalla torre, ti tiro giù con me".
Se ci riuscisse, sarebbe la sola cosa buona che potrebbe lasciarci in eredità.