Lele Oriali, che ha lavorato con Mourinho prima di farlo con Antonio Conte, ha parlato alla Gazzetta alla vigilia della sfida di Champions League contro il Benfica.
"Io e Mourinho abbiamo avuto un rapporto straordinario come poi mi sta succedendo con Conte. Parliamo di fuoriclasse della panchina. Di allenatori che sanno caratterizzare le proprie squadre sino conquistarne l'anima: per Mourinho e per Conte i calciatori si lancerebbero nel fuoco e non è un modo di dire. Lo racconta il vissuto dell'uno e dell'altro e le testimonianze di chi ha avuto modo di essere guidati da loro".
Il triplete con l'Inter e l'addio. «Erano un paio di mesi che sui giornali girava voce dell’addio di José. Una sera ci trovammo a parlarne e gli buttai giù una battuta 'lo sai che se vai via, cacciano me?' e lui sereno mi rispose 'Gabriele, non pensare a quello che sarà, qui stiamo scrivendo la storia e ci riusciremo'. Promessa mantenuta».
La sfida di Lisbona. «Stadio fantastico per il Benfica e infernale per noi e per qualsiasi avversario. Lui sa sempre dove mettere le mani per fronteggiare le difficoltà. Già lo immagino, mentre si ingegna dopo averci analizzato».
I trionfi di Oriali. «Mi viene facile allestire il mio podio: primo posto lo scudetto dell’Inter del ‘71, ero poco più di un bambino. Poi il Triplete, per tante umane ragioni. E terzo il titolo dell’anno scorso a Napoli, dove Antonio ha reso possibile un sogno irrealizzabile. E ripenso alla sfilata, ai colori e ai profumi della città, al quotidiano con questa gente meravigliosa».
L'approdo a Napoli. «Mi chiama Antonio e mi dice: dai, vieni. Io sto sopra ai 70, sono sempre stato a casa, a Firenze li avevo con me, da Parma tornavo quasi ogni sera, da Bologna in due ore e mezza rientravo. Convoco moglie e figlie, spiego e dico: che faccio? Mi hanno messo le valigie davanti alla porta».

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