Lo diceva Sarri pochi mesi prima di salpare verso l'Inghilterra.
Allora ritenemmo che il suo timore fosse quello che la società gli avrebbe smontato il giocattolo «perché è dura dire di no a certe cifre».
In realtà a distanza di tempo abbiamo capito che Sarri non aveva il timore che la società gli avrebbe smontato il giocattolo, bensì aveva la certezza (vivendo quotidianamente lo spogliatoio) che per diversi giocatori il ciclo-Napoli si sarebbe potuto chiudere alla fine di quell'anno. Del resto anche per quella ragione diedero il 150% per vincere lo Scudetto... perché era una questione di "ora o mai più".
E' vero che l'estate successiva di cessioni vere ce ne furono effettivamente solo due (Reina e Jorginho), ma non bisogna dimenticare che anche Albiol e Hamsik avrebbero voluto cambiare aria in estate. Vennero convinti a rimanere. Lo slovacco ha poi "resistito" solo altri 6 mesi, lasciandoci a stagione in corso, mentre Albiol rimarrà tutta la stagione (in realtà mezza, causa infortunio) prima di tornare in Spagna.
Quando succede non è colpa di nessuno perché - e dobbiamo citare di nuovo Sarri - «le cose a un certo punto finiscono in maniera naturale».
Ora quando un ciclo finisce ci sono due strade: o rivoluzioni e ricostruisci, oppure provi a rialimentarlo.
Il Napoli ha scelto - come chiunque avrebbe fatto - a rialimentarlo chiamando un un allenatore al top: Ancelotti.
Dopo 18 mesi possiamo dire che la missione è fallita.
Ci sono alcune colpe di Ancelotti. Perché se devi rialimentare un ciclo, è chiaro che devi ripartire da quello precedente. Lui invece ha stravolto tutto: ha deciso di radere al suolo il Napoli sarriano del 4-3-3, per costruire qualcosa di diverso ma puntando più o meno sugli stessi giocatori (9/11).
In sostanza ha creato un ibrido illogico: ha voluto rialimentare il ciclo, rivoluzionandolo.
Ciliegina sulla torta: il 4-3-3 che era stato abbandonato quasi subito, è poi ricomparso ieri, un anno dopo, contro il Bologna, ma stavolta con gli interpreti diversi. Con Sarri infatti non c'erano Maksimovic (se non per poco), Di Lorenzo, Manolas, Elmas, Fabian Ruiz, Lozano e Llorente. E i risultati si sono visti...
Chi sognava che cambiando modulo saremmo tornati indietro di due anni, si sbagliava di grosso.
E' che «le cose a un certo punto finiscono in maniera naturale», e bisogna prenderne atto.
E nel frattempo in questo ultimo anno sono comparsi altri segnali in questo senso. Infatti anche per altri giocatori le cose sono scivolate verso quella naturale separazione dal Napoli.
Prendete Allan, che già dava per finita la sua esperienza al Napoli 11 mesi fa, sognando Parigi. Prendete Mertens e Callejon, che ancora non sanno se tra 2 o 6 mesi staranno a mangiare involtini primavera e ravioli al vapore.
Come si fa a ricostruire un gruppo "affamato", quando proprio quelli che ne furono la spina dorsale all'epoca di Sarri, oggi non se ne sentono più parte o pensano che non ne faranno più parte?
L'unica soluzione era (ed è) cambiare quella spina dorsale.
Ma purtroppo servono giocatori che hanno nel DNA un certo carattere, e soprattutto è una cosa che andava fatta (e andrà fatta) a giugno, non in corsa.
E allora che si fa adesso?
Per quanto sia drammatico ammetterlo, ti abbracci la croce e vai avanti così come sei adesso, cercando di ricucire il ricucibile per rimetterti in corsa. Ma sia chiaro, è un'impresa improbabile.
Ma senza dubbio chi pensa di mettere la "pezza" (ovvero cambiare allenatore), deve rendersi conto che quasi sempre fa più danni del danno stesso.
Se il gruppo è affetto dal "male di fine-ciclo", non c'è medico che possa curarlo.
Pensate che Spalletti riuscirebbe a rianimare un gruppo immarcito da questa mollezza? Ci riuscirebbe forse Gattuso? Abbiamo sentito anche il nome di Zaccheroni. Suvvia.
Siamo convinti che anche De Laurentiis sia deciso a portare avanti questa rotta fino a fine stagione (e siamo altrettanto convinti che abbia già deciso di puntare su Gasperini), salvo clamorosi scenari che renderebbero indifendibile Ancelotti o lo porterebbero alle dimissioni.
Per provare a scuotere i giocatori sta provando a far leva sull'argomento più convincente che esista: il denaro per la Champions. Non esiste "allenatore" che funzioni meglio del denaro per riaccendere lo spirito di un gruppo piatto.
Per adesso neppure quello pare funzionare, e se manco quello funziona allora è inutile stare a parlare di allenatori...